IL PALAZZO COMUNALE DI FORLI’

di Marino Mambelli

Del bellissimo palazzo pubblico di Forlì non si conoscono le origini. Il Palazzo Comunale – raccontava nel 1972 lo storico forlivese Antonio Mambelli – appare nella storia cittadina il più tormentato fra gli edifici pubblici. La sua maestosa facciata occupa l’intero lato lungo della piazza principale di Forlì. Quei mattoni rossi e quell’inconfondibile loggiato nascondono una storia difficilmente risolvibile. Quando è sorto il primo impianto? Che aspetto aveva? E soprattutto qual’era il suo ruolo? Molte delle risposte possono essere solo supposizioni: ragionevoli, plausibili, ma solo supposizioni.

Il palazzo comunale di Forlì nella seconda metà dell’8oo. Incisione tratta da Le Cento Città d’Italia del 1889. Raccolta privata.

Uno stupendo aneddoto ce lo offre Guliano Missirini, intellettuale di razza:
– Una ragazza che fa Lettere voleva laurearsi in Storia dell’Arte. Il professore le chiede di proporre un monumento inedito.
– Ci sarebbe il Palazzo Comunale di Forlì…
– Di chi è?. Di che epoca è? Che cosa c’è?
– Ma … Origine albornoziana … ampliamento quattrocentesco … pitture del Menzocchi … ristrutturazione del Bibiena … intervento di Cosimo Morelli … tempere di Felice Giani…
– Lei scherza, signorina. Vuole forse laurearsi solo tra dieci anni?

L’edificio nacque, forse come semplice limite fortificato, sulla sponda del fiume Rabbi che anticamente scorreva nell’attuale piazza e si sviluppò nei secoli su quello che fu l’antico confine del foro romano in una zona “franca”, o meglio di frizione, tra le due potenze religiose della città: Santa Croce e San Mercuriale. Il ramo del fiume fu deviato nel XIII secolo e nel suo alveo fu fatto scorrere il canale dei Molini (canale di Ravaldino – nasce in località Calanco). Quel corso d’acqua artificiale esiste ancora, una parte del suo tracciato cittadino passa proprio sotto il loggiato del palazzo pubblico. Il loggiato e la parte soprastante dell’edificio furono infatti realizzati dopo la copertura del canale avvenuta tra il XIV e il XV secolo. In quel periodo la misura del fronte del palazzo era inferiore all’attuale: furono infatti modifiche, demolizioni e ripetuti ampliamenti, a definirne nel ‘600 la dimensione attuale. Il suo aspetto “definitivo” risale invece alla prima metà del’800. Piccoli ritocchi estetici e strutturali sono del Novecento: tutti di esiguo impatto visivo ad esclusione della demolizione dello stemma comunale che campeggiava al centro del coronamento superiore che lasciato una profonda menomazione all’estetica del Municipio. Frequenti ricerche non hanno ad oggi portato alla data del suo abbattimento, ma confronti fotografici fanno pensare all’atterramento, con seguente donazione al metallo per la Patria, di un manufatto con probabili problemi manutentivi.

“Veduta del palazzo pubblico della città di Forlì presa sul campanile di San Mercuriale”. Disegno di Giuseppe Missirini realizzato nel 1798. Riproduzione. Raccolta privata. L’originale si trova a Forlì, Biblioteca Aurelio Saffi, Raccolte Piancastelli.
La facciata della chiesa di San Mercuriale presenta una bifora. “Incoronazione della Vergine” di Baldassarre Carrari. 1512. Pala d’altare. Forlì, Pinacoteca civica. Particolare.

All’evoluzione del palazzo parteciparono importanti personaggi della storia Forlivese e italiana. Il cardinale Albornoz, legato pontificio, lo volle sistemare nel ‘300, gli Ordelaffi, signori di Forlì, ne fecero una raffinata dimora. Caterina Sforza l’abitò e poi ne demolì una parte per recuperare materiale da destinare alle migliorie della fortezza dopo la morte del marito, quel Girolamo Riario assassinato proprio nelle stanze del palazzo. Cesare Borgia, dopo aver distrutto parte della rocca di Ravaldino, si accanì anche sul palazzo pubblico. Il cardinale Donghi invece lo ampliò fino a raggiungere via Delle Torri: era il 1654, la facciata aveva raggiunto la larghezza attuale ma non l’altezza. Il palazzo aveva il loggiato, un piano terra e un solo piano superiore.

In un momento della sua storia il palazzo ebbe i merli, come quelli che ancora oggi possiamo vedere sull’omologo palazzo bolognese o su quello faentino. Lo testimonia un’opera del pittore Baldassarre Carrari, l’Incoronazione della Vergine e Santi del 1512. Su quella tavola il maestro forlivese dipinse, tra l’altro, un San Mercuriale nell’atto di reggere la città di Forlì stretta tra le sue mura. Uno dei palazzi che emergono ha la sommità merlata e le bifore al primo piano. Potrebbe far pensare al palazzo del podestà. Ma alle sue spalle si innalza la torre civica e poco distante, nella convulsa prospettiva, emerge il campanile della Cattedrale, mentre alla sua destra si mostra la facciata San Mercuriale. Insomma, si tratta del palazzo comunale che, come racconta indirettamente il Novacula (Andrea Bernardi) sulle Cronache forlivesi dal 1476 al 1517, aveva proprio le bifore. Ad una di quelle fu infatti impiccato un certo Marco Scozzacane che partecipò all’assassinio di Girolamo Riario signore di Forlì, marito di Caterina Sforza e nipote di papa Sisto IV.

N.63: “Palazzo Publico”. Ecco come si presentava il palazzo comunale di Forlì negli ultimi anni del ‘600. “Pianta della città di Forlì realizzata da padre Vincenzo Coronelli Cosmografo della Serenissima Repubblica di Venetia”. Particolare.

Molti tecnici portarono il proprio contributo alla trasformazione estetica e funzionale. Il capomastro forlivese Matteo de Recevuto realizzò ad esempio gran parte del loggiato già iniziato da un maestro modenese. Il ravennate Antonio Farini progettò l’innalzamento parziale di un piano mentre il grande architetto e scenografo Antonio Galli Bibiena lo ampliò realizzando anche lo scalone monumentale. E siamo giunti alla fine del ‘700.

Superato il timore che l’angolo tombinato del canale su via Delle Torri potesse crollare sotto il peso dei mattoni, anche la parte nord del palazzo conobbe l’elevazione del secondo piano. Erano i primi anni dell’800 e Forlì era il capoluogo del dipartimento del Rubicone della Repubblica Cisalpina. L’ampliamento servì per dotare il palazzo pubblico di nuovi uffici. A realizzare l’intervento fu l’architetto Ruffillo Righini.

E finalmente la facciata del palazzo pubblico prese le sembianze attuali. Nel 1818 arrivò a Forlì un nuovo legato pontificio, il cardinale, principe napoletano, Stanislao Sanseverino, appartenente ad una delle famiglie più illustri d’Italia. Quel reazionario fermo e convinto, fu il più attivo persecutore dei rivoluzionari romagnoli. Il Mambelli racconta che, benché durante gli anni del suo governo sapesse ridurre al pareggio i bilanci dei Comuni senza il gravame di nuove imposte e largheggiare di lavori pubblici, finì detestato dai liberali, non amato dagli altri, temuto comunque… mancandogli la socievolezza, quale aristocratico che con ostentazione marcava le distanze. Fra le opere pubbliche volute dal Sanseverino ci fu appunto l’ampliamento del palazzo pubblico. La firma dei Lavori di Sistemazione del Palazzo Apostolico nella Città di Forlì fu dell’ingegner Gottardo Perseguiti.

La facciata del palazzo al termine dei lavori di innalzamento del secondo piano nella cosiddetta “ala Donghi”, in angolo con l’attuale via Delle Torri. “Sistemazione del Palazzo Apostolico nella Città di Forlì. Tavola V Prospetto Antico”. Anno 1820 circa. Forlì, Biblioteca Saffi, Raccolte Piancastelli sez. Stampe e Disegni Album Topografia Forlì.
L’ultimo importante intervento sulla facciata del palazzo pubblico porta la firma dell’ingegnere Gottardo Perseguiti. “Lavori di Sistemazione del Palazzo Apostolico nella Città di Forlì. Tavola VI Prospetto Ridotto coi lavori eseguiti”. 1820 circa. sez. Stampe e Disegni Album Topografia Forlì.

Seguirono quasi due secoli di ristrutturazioni e adeguamenti. Le guerre, i bombardamenti, le sistemazioni, ma il fronte mantenne sempre le sembianze ideate dal Perseguiti. In certi momenti la facciata fu eccessivamente trascurata, in altri addirittura privata della propria autorevolezza consentendo persino l’affissione di manifesti pubblicitari.

Palazzo comunale. Forlì, piazza Aurelio Saffi. Foto Forlipedia.

Opere Principali

  • Francesco Menzocchi: affreschi nella sala delle Muse (o delle Ninfe), 1560 circa.
  • Antonio Galli Bibiena: scalone monumentale e sala ”dei fasti” (del Consiglio comunale), 1761.
  • Felice Giani: tempere “Quartiere del podestà“, 1809.

Bibliografia

Antonio Mambelli: Il Palazzo Comunale di Forlì. Notizie storiche e artistiche. A cura della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura. Forlì,1972.
Marino Mambelli. Dietro la Facciata, Forlì Raccontata dei suoi PalazziEdizioni Graficamente. Forlì, 2016. Per il Collegio Provinciale Geometri e Geometri Laureati di Forlì – Cesena in occasione del settantesimo anniversario.
Gianfranco Brusi: Il Palazzo comunale di Forlì. Da un antico inedito disegno note si storia e immagini scomparse. Società editrice il Ponte Vecchio. Cesena, 2010.
Giuliano Missirini. Chi à ‘l mal sel gode. Un indice per Giovanni di Mastro Pedrino depintore e cronista forlivese del basso medioevo. Tipografia Moderna per Comune di Forlì, 1989.
Ettore Casadei. La città di Forlì e i suoi dintorni. Società Tipografica forlivese. Forlì, 1928.

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