PICCOLA STORIA DI FORLI’

di Marino Mambelli

“Veduta generale di Forlì”. “Città di Forlì e Cesena”. Disegno di Enrico Corty, incisione di Giuseppe Meloni. Litografia Zannoli. Editore Marsigli, Bologna 1839. Particolare. Raccolta privata.

Forlì. Il nome. Un toponimo semplice da decifrare: la sua origine è infatti da ricercare nel latino Forum Livii, cioè il Foro di Livio. Altrettanto facile è identificare il suo antico significato, ovvero luogo di mercato dedicato a Livio. E qui la mancanza di fonti frena le certezze lasciando spazio a innumerevoli interpretazioni sull’identità di Livio. Stiamo parlando del famoso console Livio Salinatore, presente in questi luoghi tra il secondo e il terzo secolo a.C., o di un’importante e più recente famiglia dei Livii? O ancor più semplicemente di un rilevante mercante o di un veterano dalla fama così alta da diventare un riferimento? In mancanza di dati certi ogni studioso elabora le proprie ipotesi.

La città sorge sul tracciato dell’antica via Aemilia, la strada lastricata romana risalente al 187 a.C., ma l’insediamento forlivese porta sicuramente una data più antica. La posizione geografica lo indica come naturale punto d’incontro tra i percorsi commerciali provenienti dall’Appennino attraverso i tragitti vallivi e l’antica pista pedemontana in area celtica, la stessa che, con i dovuti interventi verrà appunto trasformata in via Emilia.
Alcuni documenti medievali indicano un possibile nome antecedente al Forum Livi, è Figlinae che in latino significa Le fornaci. Ed ecco completato l’identikit della nostra città antica, un fiorente punto di confluenza delle merci in un luogo ricco di terreni argillosi: materia prima per la realizzazione di manufatti in cotto.
Forum Livi conobbe le distruzioni causate dai popoli che invasero l’Italia e le trasformazioni del territorio originate dai grandi eventi atmosferici. Di quella città oggi esistono solo poche tracce.

Stemma del Comune di Forlì.
Lo stemma di Forlì con l’aquila di Federico II.

Goti, Bizantini, Longobardi, e l’annessione ai territori pontifici… Forlì non poté sottrarsi all’egemonia dei potenti di turno. Un momento di grande autonomia lo visse nel X secolo quando si eresse a Repubblica e, come città ghibellina, contrastò le pretese della Chiesa schierandosi al fianco degli imperatori. L’appoggio dato a Federico II le valse la possibilità di battere moneta e di esibire l’aquila sveva nel proprio stemma.
Oggi tra gli artigli di quell’aquila appaiono due ovuli che in origine erano due scudi. Lo scudo vermiglio dei Romani a cui fu sovrapposta una croce bianca a ricordo della partecipazione dei forlivesi alla prima Crociata e lo scudo bianco con la scritta Libertas che vuole significare l’indipendenza, con riferimento al periodo della propria repubblica.

Forlì consegnò al Rinascimento personaggi di grande spessore. Melozzo da Forlì, il pittore dei Papi; Caterina Sforza, straordinario esempio di forza femminile e determinazione; Girolamo Mercuriale, che nella metà del XVI secolo pubblicò un libro che teorizzava l’uso della ginnastica su base medica; Giovan Battista Morgagni grande medico patologo e tanti altri ancora.

Le sorti di Forlì seguirono quelle della Romagna sottoposta allo Stato Pontificio. Nel 1797 Napoleone Bonaparte entrò in città depredando le case e il Monte di pietà. Forlì divenne capoluogo del distretto romagnolo della Repubblica Cisalpina, per poi tornare, nel 1815, sotto l’autorità pontificia.

Forlì, dall’antico stampo ghibellino, non ha prodotto alcun Papa, ma numerosi ed importanti furono gli uomini politici. Aurelio Saffi fu deputato alla costituente nel 1849 e fu triunviro della Repubblica Romana assieme a Mazzini e Armellini. Alessandro Fortis fu presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia nel 1905. Benito Mussolini, nato a Predappio, a Forlì visse e diresse il locale partito Socialista; diventerà capo del governo fascista nel 1922.
La Forlì del ‘900 vive, come il resto dell’Italia e dell’Europa, uno sviluppo culturale e industriale di grande interesse. Provengono dalla metà dell’800 le fonderie Forlanini, mentre è del 1900 lo zuccherificio Eridania. Filande, fabbriche di stufe e calzature, sono tutte realizzate a cavallo dei secoli XIX e XX. Il nuovo ospedale è del 1915. Le mura vengono abbattute, ma l’abitato si sviluppa ancora dentro la vecchia linea fortificata.

Con la marcia su Roma Forlì entra nelle vicende del Ventennio. La “città del duce” conosce una rivisitazione urbanistica di notevole entità. Nascono nuovi quartieri esterni e il centro viene profondamente riprogettato. Le architetture monumentali, simbolo della propaganda di Stato, prendono il posto delle abitazioni e fuori dalle mura nasce il grande viale Benito Mussolini. La strada parte dalla nuova e sovradimensionata stazione ferroviaria e si chiude ai piedi di un grande obelisco che sorregge le vittorie: è il monumento ai caduti. Ai lati del viale sono previste edificazioni pubbliche: abitazioni, la Gil, le scuole elementari, il Collegio aeronautico.
Viene realizzato l’aeroporto e nelle vicinanze della stazione prende piede la grande fabbrica Orsi Mangelli che produce “seta artificiale”, il raion. In centro vengono eretti gli Uffici statali, le Poste, e molti altri edifici pubblici. A Forlì lavorano grandi architetti e urbanisti del periodo.

La guerra è implacabile. L’attività partigiana è intensa e le ripercussioni sono terribili. I corpi dei componenti di spicco della banda Corbari vengono appesi ai lampioni in piazza Aurelio Saffi, proprio di fronte alla Casa del Fascio. Una cosa simile l’aveva fatta Caterina Sforza alla fine del ‘400 quando le assassinarono il marito Girolamo Riario, nipote del Papa Sisto IV.

La Liberazione a Forlì porta la data del 9 novembre 1944. I bombardamenti sono molto pesanti: distruggono edifici e uccidono molte persone. I nazisti, prima di abbandonare Forlì, si lasciano andare ad una primitiva ed inutile azione: minano le torri più alte e in tal modo demoliscono l’acquedotto, il campanile del duomo, la torre civica dell’orologio e molte altre costruzioni. Fortunatamente si salvò il campanile di San Mercuriale.

Negli anni ’70 i forlivesi vollero che la torre civica fosse ricostruita. Fu la scelta ideale per rappresentare il risveglio di una città che sin dall’antichità seppe rinascere dalle distruzioni dei barbari. Oggi il viale Benito Mussolini si chiama viale Della Libertà.

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