28 OTTOBRE 1922 “LA MARCIA SU FORLI'”

di Marino Mambelli

Piazza Aurelio Saffi nel 1921. Cartolina. Archivio Forlipedia.

La data del 28 ottobre 1922 è scolpita indelebilmente nella storia d’Italia come tragico ricordo della marcia su Roma. Ma cosa accadde a Forlì negli stessi giorni. Per un resoconto ci affidiamo in via prioritaria a Il Pensiero Romagnolo, periodico coevo repubblicano che, diviso all’interno da posizioni contrastanti nei confronti del fascismo, in quei giorni mostrò lo stato d’animo diffuso tra la gente colta. Per diverse ragioni, infatti, in un primissimo momento faticò a condannare l’operato dei fascisti e il 4 novembre del ’22 addirittura scrisse: Vorremmo augurarci che con l’assunzione del fascismo al potere, attraverso un movimento di riscossa contro le forze imbelli governative e la degenerazione parlamentare, potesse iniziarsi, per il bene della nazione, un cambiamento profondo nella direzione della politica italiana. Il riferimento è ovviamente alla monarchia. La speranza è quella della Repubblica.
Con Il Popolo di Romagna, settimanale fascista nato all’indomani della marcia su Roma, si accesero però immediati contrasti. La rivista fascista istituì perfino un redazionale che metteva in risalto le imprecisioni, le interpretazioni e i pensieri degli avversari politici andando ben oltre la concorrenza editoriale e la goliardia. Già il 23 marzo del 1923 Il Popolo di Romagna dichiarò: Volevamo farvi le esequie che merita un vecchio che ha un bel passato, ma ci accorgiamo che che non meritate neppure quelle. Vi seppelliremo come tanti cani rognosi ed arrabbiati.
Il Pensiero Romagnolo, fondato da Giuseppe Gaudenzi nel 1894, chiuderà forzatamente i battenti nel dicembre di quel 1923. Riprenderà le pubblicazioni nel dicembre 1944 dopo il lungo silenzio – come scrive Antonio Mambelli – imposto dalle leggi liberticide della monarchia fascista.

Giuseppe Gaudenzi, fondatore de “Il Pensiero Romagnolo” e sindaco di Forlì, in un disegno del mastro Ettore Nadiani.

Nel pomeriggio del giorno 27 ottobre, in piazza Vittorio Emanuele a Forlì, era noto che si sarebbe svolta un’azione insurrezionale. Le milizie fasciste pervenute da tutta la provincia e della Romagna Toscana occuparono i locali della vecchia Camera del Lavoro e il circolo Veloce Club. Furono mobilitati il Reparto Arditi d’Italia e la Legione Gabriele D’Annunzio per dare man forte al movimento in eventuali situazioni pericolose. I Legionari e gli Arditi furono sistemati nel circolo repubblicano Unione Aurelio Saffi. La notte trascorse carica di nervosismo, ma l’azione violenta che si attendeva non ebbe luogo.

La mattina del 28 ottobre la tensione aumentò ancora, ma, racconta il giornale repubblicano, il movimento insurrezionale si è svolto pacificamente nella nostra città come nel maggior numero delle città italiane. La cittadinanza ha saputo mantenersi di una calma meravigliosa ed è opportuno aggiungere che la serenità e la compostezza dei reparti operanti è stata tale che non ha dato adito al minimo incidente. Fu quindi scongiurato lo scontro fisico. I forlivesi furono molto intimoriti nel vedere tanti gruppi di fascisti armati lungo le strade. Alle 21 si svolse un’azione significativa. Alcuni militanti si presentarono al prefetto con con una domanda carica di minacce: Cosa avrebbero fatto le Istituzioni nel caso di un assalto alla Prefettura? Il prefetto rispose con chiara disponibilità: qualora avesse dovuto ordinare le armi li avrebbe lealmente avvertiti. Verso le 22.30 alcuni fascisti entrarono in Prefettura e vi si stabilivano prendendo contatto coi militari di guardia fraternizzando con essi.

Il giorno 29 una squadra fascista si sostituì al personale di guardia della Prefettura, che aveva la sede nel palazzo comunale, mentre gli ambienti del palazzo delle Poste furono requisiti per la realizzazione dell’ufficio di censura. Le campane della torre civica e del campanile di San Mercuriale furono suonate a stormo. Poi, nel pomeriggio, si formò il corteo di celebrazione. La Fanfara fascista di Carpinello precedeva le squadre fasciste, i Combattenti e i Mutilati. Seguivano i Legionari, gli Arditi le Avanguardie fasciste e i Sindacati economici fascisti. Sotto la statua di Aurelio Saffi si tennero i comizi. Parlarono il fascista Paganelli di Cattolica, l’avvocato Ricci di Cesena e il dottor Aldo Spallicci: il forlivese repubblicano fondatore della rivista culturale La Pié. Spallicci, chiarendo le ragioni della partecipazione della Legione e degli Arditi agli ultimi avvenimenti disse: Noi non vediamo in voi dei fascisti, ma degli italiani, e come tali vi abbiamo considerato al di sopra di tutti i partiti. Oggi trionfa l’Italia degli italiani. E’ un discorso che colpisce se si pensa che qualche anno dopo l’antifascista Spallicci dovrà andarsene da Forlì e la sua rivista dovrà interrompere le pubblicazioni.

Vignetta tratta da “Il Popolo di Romagna”, 1922.

Il 30 ottobre 1922 si concluse la “marcia su Forlì”. Alle 11.30 i fascisti fecero irruzione negli uffici comunali, allontanarono tutti gli impiegati e presero possesso degli uffici. Il Pensiero Romagnolo sottolinea: Nulla faceva presupporre che i fascisti avessero intenzione d’occupare il Municipio, dato il contegno perfettamente neutrale dell’Amministrazione e le premure insistentemente spiegate dall’on Gaudenzi, da lungo tempo e per ripetute gravi circostanze, al fine d’evitare conflitti tra repubblicani e fascisti e violenze sanguinose nella nostra città. Una commissione guidata da Francesco Melli si fece ricevere dal sindaco Giuseppe Gaudenzi: proprio il fondatore del giornale Il Pensiero Romagnolo. Al sindaco fu ordinato di sciogliere la Giunta entro mezzogiorno. Il sindaco obiettò che per una regolare deliberazione avrebbe dovuto convocare la Giunta, quindi la riunione fu fissata per le ore 14. La Giunta venne riunita immediatamente e senza alcuna discussione – scrive ancora il giornale repubblicano – essendo ormai i fascisti padroni dell’Italia, da loro occupata militarmente.

Un documento ufficiale dell’Amministrazione comunale racconta quindi l’avvenimento drammatico che decretò la chiusura del governo forlivese a favore della dittatura. E’ una delibera di Giunta: la n. 455 del 30 ottobre 1922. Il titolo è: Dimissioni del Sindaco e della Giunta.

Seduta del 30 ottobre 1922. Alle ore 12, si sono trovati presenti i Sig.ri
Gaudenzi On. Giuseppe Sindaco
Saffi Ing. Attilio, Assessore anziano

Carboni Prof. Giuseppe, Ass. effettivo
Masotti Avv. Vincenzo, Ass. effettivo
Camprini Vitaliano, Ass. effettivo
Bazzocchi Guerrino, Ass. effettivo
Macrelli Carlo, Ass. supplente
Pinza Ugo Romeo Ass. supplente
Assiste il Segretario Capo Avv. Leoni.
I predetti Signori,
constatato che la milizia ha occupato il Palazzo e gli Uffici Comunali, e che una delegazione del Fascio di combattimento composta dai Sig.ri Rag. Francesco Melli, Benvenuti Michele, Ing. Lami, Capitano Casanova e di altri, ha rivolto invito formale al Sig. Sindaco di convocare immediatamente la Giunta Comunale perché rassegni entro due ore le dimissioni. Considerando che di fronte agli avvenimenti compiuti ogni resistenza sarebbe vana e ogni protesta superflua,
deliberano
di consegnare le dimissioni dell’Amministrazione Comunale con comunicazione ufficiale al R. Prefetto della Provincia.
Letto, approvato e firmato.
Il Sindaco Giuseppe Gaudenzi. L’Ass. Anziano Attilio Saffi. Il Segretario Leoni.

Il palazzo del Comune e sede della Prefettura in un’immagine ottocentesca.

Il sindaco, accompagnato dagli assessori Masotti e Carboni consegnò al prefetto Merizzi la deliberazione. Quest’ultimo, in accordo con i fascisti, effettuò di fatto il primo atto del governo fascista a Forlì: designò l’imprenditore Silvio Lombardini quale commissario prefettizio del Comune. Nel breve comunicato Lombardini dichiarò di assumere l’incarico per dovere civico. Le dimissioni del Sindaco e della Giunta – chiude Il Pensiero Romagnolopel modo in cui sono state imposte, hanno suscitato una impressione di disgusto.

La dittatura impose anche lo scioglimento del Consiglio Comunale che avvenne il 20 novembre 1922. Decine di Comuni ottennero la reintegrazione delle amministrazioni originarie, ma i fascisti della nostra provincia non poterono rinunziare alla preda di Comuni dell’importanza di Forlì e Cesena. Il decreto spiegava: per motivi d’ordine pubblico in seguito agli ultimi avvenimenti politici. E non diceva altro. Silvio Lombardini fece affiggere un manifesto sul quale si leggeva: In seguito agli ultimi avvenimenti politici è stato il sciolto questo Consiglio Comunale ed il Governo mi ha affidato le funzioni di Regio Commissario, fino alla ricostruzione dell’Amministrazione ordinaria. Nell’adempimento del mio dovere, come mi assiste la fiducia del Governo, mi assista la fiducia dei cittadini di ogni ordine e parte, tutti concordi con l’opera e col consiglio nel collaborare in questo storico momento al progresso e alla prosperità del Comune e della Nazione. Il Regio Commissario S. Lombardini.

Nei giorni a venire, racconta Mario Proli, i fascisti regolarono i conti con gli avversari, socialisti e comunisti in primo luogo, a suon di percosse, devastazioni e occupazioni di sedi e circoli. Nella terra di Mussolini il partito fascista, però, faticherà più che altrove ad affondare le radici. Costituitosi il 10 marzo 1921 per opera di pochi animosi, il Fascio forlivese visse fin dall’inizio una vita intensa, irta di difficoltà molteplici. Forse perché, come diceva Giorgio Bocca, i forlivesi conoscevano Mussolini in modo diverso da tutti gli altri: lo conoscevano personalmente.

Un sentito ringraziamento per la collaborazione va a: Paolo Cortesi, Mario Proli, Gabriele Zelli e alla biblioteca Aurelio Saffi di Forlì.

Bibliografia:
Il Pensiero Romagnolo, 1922.
Il Pensiero Romagnolo, 1923.
Il Popolo di Romagna, 1922.
Il Popolo di Romagna. 1923.
Antonio Mambelli. Il Giornalismo in Romagna: rassegna di tutta la stampa quotidiana e periodica dalle origini ad oggi. A cura della Camera di commercio, industria e agricoltura. Forlì, 1966.
Costruire, Opere fasciste nel V annuale della marcia su Roma. A cura della Federazione fascista della Provincia di Forlì 1927.
Elio Santarelli. Cronache del fascismo nella città del Duce. Associazione Mazziniana Italiana, Sezione Giordano Bruno di Forlì. 2016.
Mario Proli. Il tricolore, il rosso e il nero in Giovanni Tassani (a cura di), Romagna in trasformazione, Forlì e il forlivese dal dopoguerra al regime, 1919-1932. Edizioni Graficamente. Forlì, 2019.
Marino Mambelli. La città che cambia, l’architettura al servizio del mito in Giovanni Tassani (a cura di), Romagna in trasformazione, Forlì e il forlivese dal dopoguerra al regime, 1919-1932. Edizioni Graficamente. Forlì, 2019 .
Marino Mambelli. 900 Forlivese anzi Italiano. Editrice La Mandragora, Imola 2011.
Giorgio Bocca, Miracolo all’italiana, Edizioni Avanti! 1962.

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