VIA EMILIA

di Marino Mambelli

Se pensiamo alla via Emilia come una semplice strada siamo in errore. Si tratta infatti di un vero e proprio asse portante che riunisce in un’unica regione due realtà che proprio uguali non sono. Per storia, per carattere, per tradizioni: l’Emilia e la Romagna. La strada voluta da Emilio Lepido ha scandito l’organizzazione unitaria di un territorio già in età romano-imperiale quando venne creata l’ottava regio col nome di Aemilia, una giurisdizione che riuniva i territori tra il Po, gli Appennini e il mare Adriatico. Quel rettilineo di pluralità ha raccolto e scambiato identità e cultura. I centri urbani che hanno trovato sviluppo lungo il suo tracciato oggi sono capoluoghi: Forlì è uno di quelli.

Il viale Roma (Del Ronco) visto dall'attuale piazzale Della Vittoria. Cartolina spedita nel 1905. Raccolta privata.
La via Emilia (viale Del Ronco – viale Roma) vista dall’attuale piazzale Della Vittoria. Cartolina spedita nel 1905. Raccolta privata.

La realizzazione della via Emilia tra Rimini Ariminum e Piacenza Placentia, avvenne nel 187 a.C. seguendo un tracciato pedemontano preesistente. L’antico percorso fu sistemato, attrezzato e in parte spostato a valle. La via ghiaiata e lastricata collegò comodamente i centri già esistenti e diede modo ad altri di nascere e svilupparsi. Le zone che lungo il suo tracciato si popolarono maggiormente, furono quelle in corrispondenza degli incroci con le piste vallive dove nacquero e si svilupparono importanti mercati. In una di queste aree trovò fecondo sviluppo Forum Livii.

Il corso Della Repubblica di Forlì: l’antica via Emilia. Cartolina spedita nel 1952. Raccolta privata.

Paradossalmente nell’elenco delle strade forlivesi oggi il nome via Emilia non esiste più. C’è la via Consolare che identifica un tratto, per di più anomalo e discutibile, dell’antico tracciato. Ma il nome originario della strata petrosa, del rettifilo simbolo dell’espansione da sud a nord, della penetrazione romana nel mondo celtico, appoggio dell’orientamento centuriale, raffigurazione di bonifica, di opera pubblica, di civiltà, modernità: quel nome, Emilia, non è nell’elenco delle vie forlivesi. Al suo posto troviamo: viale Roma, piazzale Della Vittoria, corso Della Repubblica, piazza Aurelio Saffi, corso Giuseppe Garibaldi, piazzale Porta Schiavonia, viale Bologna. E quel pezzo anomalo oltre il fiume Montone chiamato via Consolare.

Della via Consolare i registri toponomastici scrivono: Così denominata nelle vecchie carte topografiche della città in ricordo dell’antica strada romana. Il suo tracciato corrisponde in parte alla deviazione a semicerchio (la Voltaccia) che, causa un’ansa del fiume Montone, la via proveniente da Bologna doveva compiere prima di entrare in città. Quando nel 1811 la strada fu resa definitivamente rettilinea, quell’ansa, detta la Brilleta, era un relitto fluviale bonificato, un fiume morto. Non ci sono certezze che quel tratto oggi chiamato via Consolare sia parte dell’originale via di Lepido.

La via Emilia. Rosso: attuale viale Bologna. Bianco: tratto sul “fiume morto” realizzato nel primi dell’800. Verde: la Voltaccia, attuale via Consolare. Giallo: corso Garibaldi. Azzurro: fiume Montone. Stralcio di mappa Igm base 1894 e aggiornamenti del XX secolo. Elaborazione Forlipedia.

Del tracciato originario della via Emilia oggi nulla è visibile. Interessanti reperti archeologici sono però stati scoperti su tutto il territorio forlivese a quote inferiori di un paio di metri dal piano viabile moderno. Il percorso che attraversa la città antica oggi non si presenta rettilineo. Perchè? Conosciamo periodi storici in cui la temperatura si innalzò e le acque invasero abbondantemente le terre. Nel VI secolo ad esempio la penisola italiana subì deturpanti inondazioni. Fu in quel periodo che le aree di Schiavonia e Romiti patirono, per la vicinanza del fiume Montone, la devastazione naturale? Per la furia dell’acqua la distruzione di una strada è una un’operazione istantanea, la ricostruzione è invece per l’uomo un onere ingente. La soluzione più facile ed economica è quella di proporre un nuovo tracciato sui terreni rimasti in quota e affioranti, anche se curvilinei.

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