PAPA GIULIO II

Giuliano Della Rovere, nipote di Sisto IV, nel 1503 prese il nome di papa Giulio II per l’ammirazione che provava nei confronti di Giulio Cesare. Il suo pontificato durò 10 anni in un momento storico in cui la Chiesa aveva la necessità di riconsolidare i propri domini. Meriterà l’appellativo di Papa terribile.

Giulio II. Incisione di A. Daverio (1842) da Raffaello.

In Romagna sopravviveva un vago rimpianto di Cesare Borgia (il Valentino) il condottiero e che lo stesso Giulio II aveva fatto incarcerare per non avergli restituito i territori e le rocche. A Forlì il Valentino aveva acquisito la signoria grazie alla famosa vittoria conseguita il 12 gennaio 1500 contro Caterina Sforza asserragliata nella rocca di Ravaldino.

Da Roma, nell’agosto del 1506, Giulio II si mise in viaggio per chiudere definitivamente le resistenze delle signorie e quietare tanti tumulti delle civili discordie nel territorio dello Stato pontificio. Il papa, proveniente da Cesena, il 7 ottobre 1506 entrò in Santa Maria delle Grazie a Fornò. Cominciò così, con una ponderata tappa di attesa, l’incontro tra il pontefice e i forlivesi. Fu un assaggio agli umori di una città che sempre presentava dissapori intestini: un momento di paziente riflessione per prevenire reazioni avverse. Ma non si registreranno criticità. Nonostante i timori del papa, Forlì firmerà gli accordi senza contrasti, confermando quanto era già stato deciso nel 1504 quando venne accettato l’ingresso in Forlì del legato pontificio.

Lo stemma degli Ordelaffi. Tratto da “Tavole genealogiche delle Famiglie Patrizie Forlivesi Estinte” di Filippo Guarini. Biblioteca Aurelio Saffi, fondo Piancastelli.

Con l’elezione di Giulio II, Antonio Maria Ordelaffi chiese il rinnovo del vicariato della città di Forlì che già fu del padre Cecco. Ma il nobile forlivese non ottenne risposta positiva. I suoi seguaci occuparono così le fortificazioni e presero possesso della città ad esclusione della rocca di Ravaldino che continuava ad essere in mano al luogotenente del Valentino. Con la morte precoce di Antonio si svilupparono violente discordie tra le fazioni guelfe (con a capo i Morattini) e ghibelline (guidate dai Numai).
Il cronista coevo Andrea Bernardi (detto il Novacula) racconta però che Ludovico Ordelaffi, fratello del defunto Antonio, riuscì a mettere fine ai sanguinosi conflitti e a farsi riconoscere dalle forze politiche locali quale signore della città. Nulla di più effimero: parve infatti subito chiaro che il nuovo papa volesse, anche con la forza, riunire sotto il proprio governo l’intera Romagna. Augusto Vasina scrive: I fratelli Antonio Maria e Ludovico Ordelaffi, dopo la parentesi borgiana, tentarono nel 1503 e nel 1504 di ripristinare in Forlì la signoria degli Ordelaffi: la loro morte precoce, però, pose termine definitivamente al dominio del loro casato, prima che l’azione energica di papa Giulio II recuperasse alla diretta sovranità pontificia Forlì e l’intera provincia di Romagna. Alla morte di Ludovico, Giulio II decretò la fine del “principato” e privò le sorelle dell’Ordelaffi dell’eredità. Il palazzo di piazza Maggiore (l’attuale Municipio) e altri beni della famiglia divennero per volere di Giulio II di proprietà della città.

Per descrivere l’incontro col papa con i forlivesi ci affidiamo alle gustose pagine di Sigismondo Marchesi, postume, ma raccontate come venne descritto da que’ scrittori d’all’hora: basandosi cioè su testimonianze coeve. Sono parole di vita vera, di eventi che raccontano la storia della città e della sua vita politica.
Due giorni dopo il suo arrivo a Fornò, un gruppo di giovani, ottanta dei quali vestiti con l’uniforme pontificia, accolse il pontefice al ponte del Ronco per poi accompagnarlo verso la città. Il prestigioso ospite cavalcava una mula di colore bianco con la sella coperta d’oro. Si fermò al casino, o colombara, del medico Bartolomeo Lombardino trattenendosi alquanto, parossi Pontificalmente, e rimontò a cavallo. Proseguì lungo la via Emilia preceduto da una poderosa guardia armata e arrivò alla porta Cotogni (piazzale Della Vittoria) dove immediatamente gli furono offerte le chiavi della città. S’avviò a piedi lungo il borgo Cotogni e quindi entrò in piazza maggiore attraverso un arco trionfale realizzato per l’occasione. Quivi fece nuova fermata il Pontefice per udire molti versi recitati in abito di Livia (in lingua forlivese ) da Nicolò di Giovanni Ridolfi composti da Francesco Lughi canonico di Santa Croce. Ripartì verso la cattedrale e al termine delle cerimonie religiose fu portato sulla sedia papale fino al palazzo pubblico dove fu alloggiato nella camera delle ninfe. I cardinali al seguito furono ospitati dalle persone più in vista della città così come gli ufficiali e gli altri prelati, mentre i militari vennero sistemati in parte in città e in parte fuori dalle mura. La dispensa fu collocata nel monastero di San Mercuriale, la Cancelleria in casa di Bernardino Becco, Gio Francesco Gonzaga Marchese di Mantova nell’Osteria dell’Angelo, l’ambasciatore del re di Francia in casa degli eredi di Maso Facchini, quello del re d’Aragona nel convento del Carmine. Fu un bel carico di responsabilità e spese.

Papa Giulio II in un lacerto di affresco presente sui muri della chiesa di Santa Maria delle Grazie di Fornò. In questa immagine il pontefice è ritratto senza barba. Foto Forlipedia, 2022.

Giulio II era d’ordinaria statura, di faccia rotonda, e rosseggiante, d’occhi belli, e grandi, e di dentatura bianca, e uguale, andando con passi gravi, e ritto […] Riunì il primo concistoro la mattina del 10, e il 13 diede udienza all’ambasciatore di Spagna. Lo stesso giorno li soldati Pontificij presero Castel San Pietro sul Bolognese. Fu poi il giorno seguente fatta giurar fedeltà in forma solenne la Città. I rappresentanti dei cittadini forlivesi intervenuti nella promessa scritta fatta al papa furono numerosi. Per la città sono citati il dottor Beniamino Solombrini, Matteo di Giò Bondi e altri, per il contado Dandolo Calderino, Nicolò Siboni, Caleppino di Pantolo dalla Villa di Carpena e altri ancora. La sottoscrizione avvenne senza contrattempi documentati, ma i comportamenti del papa lasciano ancora trasparire un certo timore, una certa cautela. Giulio II predilesse infatti pranzare nei locali fortificati della rocca, soprattutto in occasione della partenza dei suoi uomini armati alla volta di Castel San Pietro. E percorse a cavallo piccoli tratti delle strade forlivesi, tragitti che si distanziavano di poche centinaia di metri dallo stesso castello fortificato che rimaneva così a portata di fuga in caso di emergenza.

Particolare fu la richiesta di incontrare, il giorno 15, un istorico e poeta altrove ricordato. Si tratta di Andrea Bernardi, detto il Novacula, che comparve dinanzi al papa con tutti i suoi libri. Ebbe forse timore che il cronista forlivese potesse scrivere qualcosa di non confacente alla santa visita? Di certo l’incontro non lo lasciò indifferente poiché lo stesso avrà un seguito l’anno successivo.

Il 16 ottobre, giorno di mercato, lasciossi fra tre volte vedere alla fenestra da tutti d’ogni grado, e condizione. Poi fece caricare moti carri e la mattina successiva, dopo la Messa, partì per Modigliana lasciando mance ai famigli del castellano e ai giovani che avevano portato a spalle la sedia gestatoria. E ordinò che la rocca di Ravaldino fosse consegnata ad Astolfo D’Ascoli primario di quella Città, il quale vi fu condotto il 28 di Genaro dell’anno seguente.

La chiesa di Santa Maria delle Grazie di Fornò. Nell’immagine è presente il campanile oggi non più esistente. Cartolina, primi del Novecento. Particolare. Raccolta privata.

Giulio II tornò a Forlì il 25 febbraio 1507. Alloggiò ancora una volta con 10 cardinali nel palazzo pubblico e la mattina seguente si recò alla rocca per pranzare. Diede udienza al solo magistrato dei Conservatori e il giorno successivo salito a cavallo si recò nuovamente a Santa Maria delle Grazie di Fornò. Anche in quel luogo il pontefice non diede udienza a nessuno se non al Novacula, che li portò le sue Croniche a sua Santità dedicate, e stampate in Forlì.

Alla partenza del papa la città ricadde nei malumori lasciando spazio a omicidi e tumulti per la supremazia interna.

Bibliografia.
Antonio Calandrini e Gian Michele Fusconi. Forlì e i suoi Vescovi. Appunti e documentazione per una storia della Chiesa di Forlì. Volume 2. Il secolo XV. Studia Ravennatensia. Centro Studi e Ricerche sulla Antica Provincia Ecclesiastica Ravennate. Forlì 1993.
Sigismondo Marchesi. Supplemento Istorico dell’Antica Città di Forlì. In cui si descrive la Provincia di Romagna. In Forlì per Gioseffo Selva all’insegna di S. Antonio Abate 1678. Con Licenza de’ Superiori.
Andrea Bernardi (Novacula). – Cronache forlivesi di Andrea Bernardi, Novacula, dal 1476 al 1517. 1.1, 1895. – Cronache forlivesi di Andrea Bernardi, Novacula, dal 1476 al 1517. 1.2, 1896. – Cronache forlivesi di Andrea Bernardi, Novacula, dal 1476 al 1517. 2, 1897.
Augusto Vasina. Il dominio degli Ordelaffi. In Storia di Forlì II, il Medioevo. Nuova Alfa Editoriale per Cassa dei Risparmi di Forlì. 1990.
Maria Teresa Fuzzi. L’ultimo periodo degli Ordelaffi in Forlì. Ed. Valbonesi. Forlì, 1937.
Antonio Mambelli. La sala del Bibiena nel palazzo comunale di Forlì. Atti e memorie della Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna. Nuova serie – vol. IV, Bologna 1953.

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