GIUSEPPE PRATI (DON PIPPO)

di Marino Mambelli

Monsignor Giuseppe Prati. Don Pippo. Archivio Forlipedia.

Monsignor Giuseppe Prati fa parte di un ristretto gruppo di forlivesi vissuti nel ‘900 la cui popolarità sfiora ancora oggi il mito. Nacque a Forlì il 4 novembre 1885 e morì il 9 novembre 1952. Protonotario apostolico, primicerio del Capitolo delle Cattedrale, abbate di San Mercuriale, compositore di melodie liturgiche, il famoso e amatissimo Don Pippo, fu definito figlio del popolo, uomo di Dio prodigo e buono, uguale sempre a se stesso dall’alba al tramonto della vita. A lui viene attribuito il salvataggio del campanile di San Mercuriale minato dai tedeschi in ritirata durante la Liberazione di Forlì. Un suo ritratto, redatto nei giorni della morte, ci ha colpiti per semplicità ed efficacia. Così recita: Schietta figura popolare, amò nascondersi nella folla. Non tra la folla, ma nella folla.

Forlì, via Achille Cantoni 33: la casa in cui nacque Giuseppe Prati. La lapide sulla facciata recita: “In questa casa il di 4 novembre 1885 nacque Giuseppe Prati. Sacerdote conosciuto col nome di Don Pippo ha lasciato di sé una testimonianza di umanità e di fede. Visse 67 a. e 5 gg. Il Municipio a ricordo Q.M.P. Forlì 9 novembre 1995. Foto Forlipedia, 2022.

Nato da una famiglia di rigattieri, Prati entrò in Seminario nel 1896. Iniziò il sacro ministero a San Giovanni Battista in Vico nel 1908 e in parrocchia San Biagio, Fu collaboratore di don Tommaso Morgagni presso i Cappuccinini dov’era attivo un vivace oratorio. E’ in quegli anni, tra il 1913 e il 1914, che divulgò la piccola rivista La Fede. Nel ’14 divenne cappellano di Schiavonia avviando la direzione del ricreatorio San Luigi dove poté ampliare l’esperienza già avviata presso i Cappuccinini. Qui – scrive Franco Zaghini – intrecciò con i giovani di Forlì una solidarietà spirituale ed umana che avrebbe superato i decenni. In seguito fu segretario del Ritrovo militare realizzato nel locali del Seminario in occasione della Prima guerra mondiale.

Nel gennaio del 1919 diede voce ai giovani cattolici forlivesi fondando la rivista Il Momento. La sua direzione al giornale fu interrotta, per motivi politici interni alla diocesi, dal 1921 al 1924. Riprese le redini del giornale, Don Pippo dovette fare i conti con il regime fascista che volle ridurre la pubblicazione a un semplice bollettino ecclesiastico. Nel ’36 il Momento, ormai chiuso, sopravvisse attraverso qualche colonna domenicale dell’Osservatore Romano. La decisiva fine fu decretata nel 1942. Nel dopoguerra Don Pippo ne riprese la direzione, posizione che mantenne fino alla morte.

“Il Momento” anno I n. 1. Forlì 1 – 5 gennaio 1919. Forlì, Biblioteca Aurelio Saffi, Emeroteca.

La sua ricca personalità e la sua autonomia pedagogica diedero motivo nel 1928 ad un suo trasferimento dall’oratorio San Luigi alla direzione spirituale del Seminario. E’ di quel periodo la sua composizione musicale forse più famosa: la Di vivida fiamma, dedicata alla Madonna del Fuoco. Fu canonico della Cattedrale e dal 1936 parroco di Santa Lucia. Infine nel 1944 – negli ultimi terribili mesi della Seconda guerra mondiale – fu inviato a succedere a Monsignor Pasini in San Mercuriale dove fu parroco fino alla fine della vita. Il suo impegno nella chiesa simbolo di Forlì gli valse l’appellativo di parroco della città.

Di Don Pippo si ricorda soprattutto la vicinanza ai giovani e ai poveri, un impegno che lo rese amato e popolare. Con fare dimesso e con modestia ai accostò infatti a chiunque ne avesse bisogno. Durante la guerra e in particolare nel periodo dei bombardamenti, impiegò grandi energie nel distribuire conforto e assistenza. Dopo il bombardamento del 25 agosto 1944 – si legge sul sito ufficiale della Diocesi – fu tra i primi a soccorrere i feriti e passò lunghe ore, anche nei giorni seguenti, raccogliendo in piazza Saffi, in chiesa, sui muri, resti di carne umana, li mise in una cassettina e li portò al cimitero.

La famosa immagine che ritrae la chiesa di San Mercuriale danneggiata dai bombardamenti dell’agosto del 1944.

Come si diceva, la tradizione vuole che fu lui, con un intervento di cui non si conoscono i risvolti, a salvare il campanile di San Mercuriale minato al pari del torrione dell’acquedotto, della torre civica, del campanile del Duomo e di altre importanti “torri forlivesi”. Mentre tutte le mine portarono a compimento la distruzione, quelle di San Mercuriale misteriosamente non brillarono. Anche per questo il giorno della Liberazione molte persone acclamarono Don Pippo, il “santo dei forlivesi”, portandolo in trionfo. Pochi giorni dopo, nella prima riunione del Comitato di liberazione, una testimonianza ci racconta che Giuseppe Prati fu accolto al grido di viva Don Pippo.

La pubblicazione della commemorazione di Don Pippo pronunciata da Diego Fabbri in palazzo comunale nel 1962.

Alla sua morte migliaia di persone resero omaggio alla salma partecipando ai funerali che si svolsero in modo solenne. Anche in occasione della traslazione delle sue spoglie nella cappella Dei Ferri di San Mercuriale, avvenuta nel 1957, la funzione fu seguita da una folla attenta e commossa.

Durante i funerali monsignor Adamo Pasini lesse il testamento di don Pippo datato 26 agosto 1949. Il testo che segue è tratto dal sito istituzionale della Diocesi.
Ho poco testamento da fare: possiedo niente e non posso pensare a distribuire. Esprimo pertanto qui i miei sentimenti:
1° Ringrazio il Signore per la immensità dei benefici che mi ha fatti. Grazie e grazie dal principio della mia vita fino alla fine. Grazie alla Santa Chiesa che mi ha tenuto per suo sacerdote e mi ha dato di svolgere il santo ministero in tanti campi. Grazie a tutti i buoni del loro affetto e della loro fiducia. Grazie ai parrocchiani che mi sono stati sempre larghi di benevolenza sincera. Grazie a tutti i confratelli che mi hanno assistito e sorretto.
2° Pentimento per tutte le mie infedeltà e colpe gravissime, in riparazione delle quali, accetto la morte come e quando piacerà al Signore di mandarmi. Del male che ho fatto, e solo io ne so la entità, domando perdono al Signore, ma domando perdono a tutti che possono aver sentito danno spirituale: a coloro ai quali sono stato occasione di colpa, a coloro che dovevo meglio dirigere; a coloro ai quali dovevo meglio insegnare, a tutti che dovevano vedere in me il sacerdote di Cristo e hanno invece veduto l’uomo con tutte le sue miserie. Perdono se qualcuno mi avesse offeso, ma non so di avere ricevuto torti o disgusti dei quali conservare risentimento! Abbraccio tutti nel vincolo di Cristo e domando che tutti preghino per ottenermi la misericordia di Dio.
3° Ho avuto sempre tutta la fede, mi sono sempre tenuto unito ai miei superiori: anche in morte voglio ripetere il mio sincero credo e il mio atto di ubbidienza e di fedeltà.
4° Attualmente non so se possa disporre di alcunché, avendo molti debiti che voglio siano soddisfatti al più presto con i crediti, se ce ne sono. Se qualcosa resta e se premuoio alle mie sorelle, avranno esse la miseria che resta: non hanno un soldo, sono vecchie, non avranno una casa, dovrò raccomandarle alla beneficenza dei buoni. Se c’è qualche cosa vorrei la celebrazione di cento messe, sia come soddisfazione di messe che mi siano sfuggite o dimenticate, sia in riparazione delle mal celebrate, sia in mio suffragio e in suffragio dei miei. Per il resto, se sono sopravvissuto alle mie sorelle, non ci sono obblighi ad alcuno: qualche ricordo a mia nipote e ai suoi bambini e poco resterà per la parrocchia, per le associazioni cattoliche e per i poveri.
5° Mi preme notare: a) semplice cassa di legno, non zinco, in piena terra come tutti i miei; b) possibilmente il suono delle campane come si deve, il segno del transito e per il trasporto al cimitero; c) si potrà dire la messa funebre del Perosi? Farò a meno anche di quella se è un lusso e una spesa. Non fiori, non discorsi: piuttosto preghiere e perdono a tutti. E mi perdoni il Signore, perché ho solo bisogno del suo perdono. Potevo farmi santo e non l’ho fatto e mi accuso così come un colpevole. Pregate per me.
Miserere mei, Deus, miserere mei.

La lapide sulla tomba di Don Pippo nella cappella Dei Ferri in San Mercuriale: “1885 – 1952. Nel tempo delle antiche glorie forlivesi restituito alle classiche forme originarie, riposano le venerande spoglie dell’Abate parroco Mons. Giuseppe Prati, vero sacerdote di Cristo umile e povero che ai giovani il cristiano ardimento ai miseri l’aiuto e il conforto a tutti donò luce d’insegnamento e di esempio passando fra il popolo in benedizione. La salma fu qui traslata dal Cimitero urbano il 9 novembre 1957”. Foto Forlipedia, 2022.

Forlì ha dedicato al parroco dei forlivesi una piazzetta che si trova nelle immediate vicinanze della basilica di San Mercuriale. Sul territorio è attiva la fondazione Opera Don Pippo Onlus impegnata nella solidarietà sociale e nell’assistenza.

Nel 2023 la multisala Astoria di Forlì ha ospitato la prima del film Potevo farmi santo che ha come protagonista monsignor Giuseppe Prati: don Pippo. Prodotto da Compagnia Bella in collaborazione con Onda Film, la pellicola ha avuto il contributo del Comune di Forlì, della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì e di altre associazioni. La regia è del forlivese Romeo Pizzol.

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Bibliografia:
Bollettino per gli atti ufficiali della diocesi di Forlì. Forlì, Stabilimento tipografico Valbonesi, 1952.
Franco Zaghini in: Lorenzo Bedeschi e Dino Mengozzi (a cura di). Personaggi della Vita Pubblica di Forlì e del Circondario. Dizionario Bibliografico 1897 – 1987. Due volumi. Istituto di Storia dell’Università di Urbino. Edizione QuattroVenti. Urbino 1996.
Marco Viroli e Gabriele ZelliI Giorni che Sconvolsero Forlì, 8 Settembre 1943 – 10 dicembre 1944. Società Editrice Il Ponte Vecchio. Cesena, 2014.
Antonio Mambelli. Diario degli Avvenimenti in Forlì e Romagna dal 1938 al 1945, 25 agosto 1944. Pietro Lacaita Editore.
Diocesi di Forlì
Opera Don Pippo

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