La Grata è un toponimo vero. Di quelli nati dalla cultura popolare e poi divenuti “ufficialmente” il nome di un luogo. Oggi, a Forlì, identifica una strada e una piazzetta ai limiti del centro storico, ma un tempo dava il nome ad un’ampia area, una zona intera della città. Ma qual è la sua origine? Le ricerche effettuate da Forlipedia spingono ad individuare senza indugi l’ipotesi più plausibile. Una convinzione che, grazie allo studio condotto sugli scritti Lattanzio Biondini, un forlivese del XVI secolo, supera le precedenti interessanti ipotesi. Eccole qui di seguito.
Nel 1928 Ettore Casadei spiega che il toponimo Grata nasce: Dall’esistenza nel luogo di Santa Maria della Grata che era situata nel punto di sbocco del canale fuori della città. La chiesa cinquecentesca, racconta sempre il Casadei, era molto ammirata per gli affreschi di Francesco Menzocchi. Vi fu istituita una Congregazione detta dei 63 preti, le cui regole furono stampate nel 1772. Nel 1774, per il passaggio delle truppe Spagnole, servì di deposito di polvere dell’artiglieria. Soppressa con la dominazione francese, divenne di proprietà privata, utilizzata per attività artigianali e commerciali e progressivamente demolita. Santa Maria della Grata era così chiamata per un riparo di questa forma dinanzi ad una immagine della Madonna. Quindi una grata a difesa dell’immagine sacra.
Giuliano Missirini, sulla “Guida Raccontata di Forlì” del 1971, non condivide l’opinione del più “anziano collega”. Lega infatti il toponimo alla presenza di uno dei numerosi mulini sul canale e all’antico controllo sulla molitura che pare si esercitasse attraverso cancelli e passaggi obbligati come nelle odierne dogane. E così commenta: la Madonna della Grata che stava da S. Biagio non potrebbe essere debitrice del suo nome ad una protezione fiscale del vicino mulino, piuttosto che a una zanzariera stesa sull’immagine? Quindi cancelli a servizio della gabella sul macinato.
In ultimo la nostra interpretazione, per la quale chiediamo conforto, appunto, al notaio forlivese Lattanzio Biondini e al suo manoscritto dal titolo: Compendio dello stato et governo civile della città di Forlì alla data del 1578. Disegniamo una Forlì antica, chiusa nelle mura fortificate con porte di accesso dotate di catenaccio in ferro e guardie armate. Come entrare o uscire dalla città evitando i controlli degli sbirri? Come nei romanzi d’appendice: attraverso il foro delle mura di cinta dal quale esce l’acqua del canale di Ravaldino dopo aver attraversato l’intera città. A meno che non fossero adottate, come in realtà lo furono, le adeguate misure di sicurezza. La chiesa di S. Maria della Grada – testimonia infatti il Biondini – sorgeva proprio sulla sarraglia dove sbocca il canale fuora della città da la banda di settentrione. Una sarraglia, così tenace da respingere agli assalti dei malintenzionati, da imporsi alla fantasia della gente come toponimo, e da resistere alle insidie del tempo consegnando la propria memoria a Santa Maria Della Grata, molino Della Grata, orti Della Grata, canale Della Grata, via Della Grata e piazzetta Della Grata.
Lo studio delle mappe ci consente di dire che, in origine, l’uscita del corso d’acqua avveniva attraverso un varco delle mura in corrispondenza di un semplice rivellino. Poi, proprio a ridosso di quella sporgenza fortificata, fu realizzata la chiesa di Santa Maria della Grata che, nel ‘600, ci viene presentata dalla mappa del Coronelli con il locale della grada coperto, adattato e perfettamente identificato sul suo fianco. La mappa a volo d’uccello del VII secolo, pubblicata in occasione delle celebrazioni del V centenario della morte di Melozzo, ci regala, oltre ad una chiara immagine della chiesa, due toponimi distinti: Grada (nel senso di luogo) e, con riferimento al n. 3 riportato in legenda: Santa Maria della Grada. Dietro, il canale di Ravaldino lascia la città.
Ci parla della Grata anche il Forlivese Michele Placucci nel 1822, sul trattato: Memorie Storiche sul Passaggio per la Città di Forlì di sua Santità Papa Pio VII . Il Placucci scrive: …Promotore egli (il Legato pontificio nda) delle belle arti eccitò il Sig. Giacomo Cicognani di Forlì (che aveva acquistato la chiesa in seguito alla soppressione napoleonica nda) ad erigere un’edifizio ad acqua mediante il quale con ruotone agiscono tre grandi macine, il che venne felicemente eseguito nel 1811 mercè disegno del Sig. Ingegnere Casamurata di Forlì nel locale detto della Grata. In epoca moderna a Domenico Casamorata sarà dedicata la via limitrofa. Oggi il locale della grata, dal quale si manovrava la paratia d’uscita del canale di Ravaldino, sarebbe sul retro dell’edifici che si trova in angolo tra viale Italia, Enrico Forlanini e via Casamorata. Ancora oggi, tra le sue fondazioni, scorre il canale.
Anche la vicina Bologna ha una via Della Grada e una chiesa Della Grada. La situazione appare simile, se non addirittura equivalente. Ma nel caso emiliano è tutto ancora esistente: la chiesa, il canale, il toponimo, la grada, e parte delle mura. Tutto conferma l’ipotesi di Forlipedia. Si rimanda alle immagini a corredo.