IL CONTE CESARE ALBICINI, SINDACO DI BOLOGNA

di Marino Mambelli

Il conte Cesare Albicini. Zincografia tratta da "L'Illustrazione Italiana" del 9 agosto 1891. Raccolta privata
Il conte Cesare Albicini. Zincografia tratta da “L’Illustrazione Italiana” del 9 agosto 1891. Raccolta privata.

Modello perfetto del gentiluomo italiano e dell’età moderna,  patriota, storico e giurista nato a Forlì il 27 aprile 1825, Cesare Albicini appartenne ad un’importante e nobile famiglia forlivese. A lui fu dedicata una via cittadina già nel XIX secolo, il suo nome appare infatti nell’Elenco Generale delle Strade e Piazze della Città di Forlì del 1899 con questa osservazioneGiosuè Carducci ne disse l’elogio, la virtù di cittadino e l’alto valore negli studi storico-giuridici in un discorso letto alla R. Deputazione di storia patria.

Cesare, fu figlio del conte Antonio Albicini (più volte gonfaloniere della città di Forlì) e della marchesa bolognese Violante Albergati Capacelli. Nel 1847 si laureò “con voti unanimi” in Giurisprudenza e nel settembre 1850 sposò la contessina Elena Guarini, nobile forlivese figlia di Pietro (anch’egli gonfaloniere e fondatore del corpo dei Pompieri).  L’importanza di questa unione è testimoniata, tra l’altro, dall’enorme mole di “sonetti” bene auguranti che, su ordine dei più importanti casati della città,  gli editori Casali e Bordandini stamparono per l’occasione. Elena mori solo due anni dopo, lasciando a Cesare un figlio: Pierfrancesco.

Antonio Mambelli su I Forlivesi nel Risorgimento Nazionale scrive: Laureato in legge all’Università di Bologna, crebbe fra una schiera di uomini eletti per virtù patriottiche e d’ingegno, stringendosi in amicizia con Aurelio Saffi, Carlo Pepoli, Oreste Regnoli, Luigi Tanari ed altri. […] Affermatosi per vasta cultura e l’esperienza delle cose pubbliche, ebbe da Massimo d’Azeglio la nomina di regio commissario per l’istruzione pubblica in Romagna. Il dittatore Luigi Carlo Farini lo chiamò a far parte dalla Commissione per l’armonizzazione delle leggi pontificie e piemontesi.

Il Carducci, sulla sua Commemorazione di Cesare Albicini, racconta: il governo nazionale e la città di Bologna gli diedero quella magior prova di fiducia e dimostrazione d’onore che ad insegnante e cittadino si possa, commettendogli quello dal 1871 al ’74 il reggimento dell’Università, eleggendo questa dal ’72 al ’74 alle funzioni di sindaco lui forlivese.

Nell’edizione del 9 agosto 1891, all’indomani della sua morte, L’Illustrazione Italiana ne traccia un bellissimo profilo che, per l’efficacia dei contenuti e per la valenza testimoniale coeva, riportiamo in alcune sue parti. Si tratta di un ritratto dipinto da chi, con molta probabilità, ebbe modo di conoscerlo personalmente: Il conte Cesare – così lo chiamavano tutti a Bologna – era professore fin dal 1864 e sino alla morte fu rettore magnifico dell’Ateneo, dal 1872 al 74 sindaco di Bologna quasi nei medesimi anni vice presidente del consiglio provinciale, deputato al Parlamento e anche ministro della pubblica istruzione durante il governo provvisorio delle Romagne; ma di tanti titoli che in lui si congiungevano a quello più nobile e duraturo di studioso, uno solo gli è sempre stato dato, da tutti: quello di conte. Anche gli studenti lo chiamavano così, senz’altro. Perché, infatti, la sua fibra e l’educazione sua erano squisitamente aristocratiche nell’ideale e alta significazione della parola, nell’esteriorità fisica e specialmente nella pura bellezza delle mani; nell’eleganza semplice e spontanea del vestire, nell’arguzia bonaria, ma un po’ superiore, senza arroganza del sorriso nelle consuetudini domestiche, nella conversazione e perfino nello stile che prediligeva scrivendo. […] All’Università di Bologna ci sono stati giorni burrascosi. I tumulti, però, si sono sempre fermati alla porta dell’aula in cui il professor Albicini faceva lezione di diritto. […] E questo sindaco che doveva segnare la restaurazione monarchica ebbe forse i suoi amici più fidi fra i democratici, a incominciare da due intelletti superiori: Giuseppe Ceneri e Aurelio Saffi.    

La casa natale di Cesare Albicini nell’odierno corso Garibaldi.

Numerosissime furono le sue pubblicazioni di storia, politica e dottrina giuridica. Qui ci preme ricordare: Miti e le leggende intorno alle origini della città di Forlì secondo le cronache di Leon Cobelli  e un saggio sulla rivoluzione in Romagna del 1831 dal titolo: Carlo Pepoli (edito in due edizioni). La Biblioteca Saffi di Forlì possiede queste e numerosi altre sue opere. Albicini ricoprì anche la carica di presidente della Commissione araldica romagnola.

Il Carducci lo racconta così: Mai io conobbi uomo più profondamente liberale e che nella libertà e nell’Italia avesse cotanta fede e non avesse per quelle paura di nulla. Morì a Bologna il 28 luglio 1891.

Su una lapide affissa al muro del numero 73 di corso Garibaldi possiamo leggere: In memoria del conte Cesare Albicini – ministro per l’istruzione e le finanze del Governo provvisorio delle Romagne nel 1859 – deputato al Parlamento nel 1860 – professore di diritto pubblico nell’Ateneo bolognese – letterato storico erudito geniale – modello perfetto del gentiluomo italiano e dell’età moderna.

Biblioteca comunale Forlì, Antico Fondo, Sez. Forlivesi B 82 07

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