IL GIOCO DEL FARAONE

Il racconto che segue non è prodotto dalla fantasia, ma è il risultato di un’approfondita ricerca condotta da Oliverotto Fabretti. Lo abbiamo tratto e commentato da un saggio che lo studioso e ricercatore forlivese ha pubblicato su La Pié nel 1927. Mi è di guida – sottolinea il Fabretti – un cronista forlivese contemporaneo, l’Ab. Ludovico Baratti. Di quest’ultimo si conserva la cronaca manoscritta e autografa negli armadi della biblioteca Aurelio Saffi di Forlì. Siamo nel ‘700.

Durante il carnevale del 1745, in piena guerra di successione austriaca, Forlì fu scelta per l’acquartieramento invernale di truppe alemanne. Il comandante era un generale che aveva quattro figlie in età da marito e poiché sperava di accasarne qualcuna, ogni sera organizzava conversazioni nella sua dimora temporanea, il palazzo Monsignani. Agli incontri invitava i migliori nobili forlivesi.

Una sera in cui era presente anche il governatore pontificio Francesco Scaccabarozzi di Milano, le ragazze aggiunsero pepe alla serata proponendo ai giovani il gioco del Faraone: un gioco – dissero – che si faceva nei circoli di Milano e Verona. I cavalieri però s’irrigidirono perché sapevano che si trattava di un gioco che il cardinale Pompeo Aldrovandi, Legato di Romagna, aveva fermamente proibito. A risolvere la situazione imbarazzante ci pensò proprio il governatore dichiarando che, se il cardinale fosse venuto a conoscenza dell’accaduto, avrebbe pensato lui stesso a giustificarli perché, spiegò: è giusto far divertire gli ufficiali forestieri. Dopo le parole del rappresentante dello Stato, il gioco ebbe inizio. E piacque molto. Tanto che ben presto il Faraone dilagò e prese il posto del gioco della Primiera che era legale.

Ludovico Baratti. Cronaca manoscritta e autografata, XVIII. Forlì, biblioteca Aurelio Saffi.

Partiti gli alemanni, il governatore si portò a Ravenna dal Legato pontificio e a lui raccontò che a Forlì si era largamente diffuso il gioco del Faraone. Sarebbe quindi stato facile incassare un bel gruzzolo di denaro multando i molti nobili che avevano praticato l’azzardo. Il Cardinale, uomo notoriamente avido, inviò a Forlì un giudice e 12 sbirri di campagna, i più tremendi. Il primo ad essere catturato, su indicazione del cardinale stesso, fu il conte Nicola Papini. L’arresto avvenne in piazza grande di fronte alla Spezieria della Pigna che si trovava sotto il loggiato del palazzo che oggi chiamiamo Talenti Framonti. Fu quindi condotto a Ravenna dove rimase alcuni giorni in stato di arresto. Solo quando sborsò una cospicua somma poté fare ritorno a Forlì.

Numerose furono le multe e molte anche le carcerazioni. Il conte Gregorio dall’Aste, prima trattenuto presso l’Osteria San Marco, fu poi costretto agli “arresti domiciliari”. Il medico Giambattista Giorgini, che rispose un poco arditamente all’interrogatorio, venne chiuso in carcere con i ferri ai polsi e alla caviglie. Fu salvato dalla marchesa Lucrezia Calcagnini, moglie del marchese Cosimo Paulucci, che dichiarò di avere urgente bisogno del suo medico.

Alle spiate del governatore si aggiunsero quelle di Alessandro Sauli che raccontò di aver giocato a Faraone con numerose dame, tra le quali Elena Orsi dei marchesi Baviera di Senigallia moglie di Luigi Orsi, e Maria Lucrezia dei conti Serughi moglie di Fabrizio Morgagni. Quest’ultimo era il figlio del famoso anatomopatologo Giovanbattista Morgagni. La contessa Orsi, verso la quale il governatore pare avesse remore personali, subì anche un sequestro di beni, mentre Maria Lucrezia Morgagni fu condannata al pagamento di 18 Scudi. Fu un errore. La nobildonna pagò la somma, ma immediatamente informò il suocero di ciò che stava succedendo a Forlì. Da Padova il Morgagni si rivolse al medico del Papa e anche la contessa Orsi fece arrivare a Roma le proteste, mentre i Novanta Pacifici (polizia/magistratura forlivese) inviarono una loro delegazione.

Papa Benedetto XIV, messo al corrente degli spiacevoli eventi, invitò il Legato di Romagna a restituire il denaro ai forlivesi multati. Ma, ci racconta Oliverotto Fabretti, il cardinale si limitò a versare 100 Scudi al Conservatorio delle Mendicanti di Forlì trattenendo la maggior parte dell’incasso. Il governatore invece pagò per le sue azioni. Fu infatti costretto a chiedere scusa alla contessa Orsi che per altro viene descritta come un’accanita giocatrice di carte. Le scuse furono rese con solennità nel palazzo di proprietà della nobildonna. Fu poi richiamato a Roma e sollevato dall’incarico governativo.

Il Faraone era un gioco di carte d’azzardo tra i più in voga nel ‘700 in Italia e in Europa. Particolarmente nei salotti di Francia. Lo giocavano Casanova e la regina Maria Antonietta. Ebbe enorme seguito, fece divertire intere generazioni, ma rovinò numerose famiglie. La sua evoluzione è la Bassetta, gioco ancora in voga in Emilia Romagna. La Primiera invece è un gioco simile al Poker ma basato principalmente sulla fortuna.

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