LA VENDITA DELL’AMARANTO

Casa Saffi a San Varano. Sede delle riunioni carbonare della vendita dell’Amaranto. Giovanni Marchini (1877-1946). Olio su tela. Immagine tratta dal pieghevole dell’inaugurazione della casa-museo, 2002

La “Vendita” (significato equivalente di Loggia) era uno dei nuclei che componevano l’organizzazione gerarchica carbonara. Il suo nome di riconoscimento era in codice e i luoghi dove radunava i suoi adepti era segreto. Roberto Balzani, sul Dizionario biografico Treccani scrive: La vendita costituiva il vertice di una struttura alquanto ramificata, che prevedeva l’organizzazione dei ceti artigiani all’interno di una più numerosa «turba liberale», sorta di organizzazione a metà fra la società di mutuo soccorso e il circolo politico.

A Forlì la Vendita dell’Amaranto si costituì nell’aprile del 1817. Le sue illecite riunioni si tennero, a partire dal luglio dello stesso anno, presso villa Saffi a San Varano. Tra gli organizzatori e i frequentatori del “sodalizio eversivo” troviamo il conte Piero Saffi (zio del futuro triunviro Aurelio Saffi), Piero Maroncelli, l’avvocato Gianbattista Masotti, il marchese Pietro Merlini, l’avvocato Petrucci, il tipografo Scipione Casali, il conte Orselli e i sacerdoti Girolamo Amaducci e Cesare Calletti. L’organizzazione raggiunse molte decine di iscritti (si parla addirittura di 80) raggruppati in sottosezioni. Gli stessi adepti finanziavano, secondo le proprie possibilità, l’attività della Vendita.

Gran parte dei vertici della Vendita dell’Amaranto fu tratta in arresto nel 1821 per volere del cardinale legato.

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